Da quali lingue il russo ha preso in prestito più parole?

Natalya Nosova/Russia Beyond
Se escludessimo dalla lingua russa tutti i termini di origine straniera, anche i madrelingua avrebbero problemi a esprimersi: il loro vocabolario si impoverirebbe troppo. Il processo dura da secoli, e non utilizzare questa parte del lessico è semplicemente impossibile

I primi prestiti lessicali nella lingua russa – che all’epoca era ancora l’Antica lingua slava orientale – furono dei grecismi, che iniziarono ad affermarsi nel X e XI secolo. Questi nuovi vocaboli si riferivano sia all’ambito religioso (“angelo”, “demone”, “monaco”) e scientifico, sia alla vita quotidiana (per parole come “letto”, “quaderno”, “nave”, “lanterna”). Alcune parole arrivarono direttamente dal greco, altre attraverso la Lingua slava ecclesiastica antica. Per esempio, negli esempi citati, il “letto” in russo è “кровать” (“krovát”) e viene direttamente dal greco “κράβατος”; mentre “quaderno” è “тетрадь” (“tetrád”), da τετράδιον, che nella lingua greca bizantina indicava un foglio diviso o piegato in quattro ed è entrato nel russo dalla Lingua slava ecclesiastica antica.

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L’ondata successiva di prestiti linguistici è rappresentato dagli scandinavismi. La loro comparsa è dovuta allo sviluppo, a partire dal IX secolo, dei contatti commerciali, culturali e sociali tra l’Antica Rus’ e i Vichinghi. Gli studiosi hanno contato nel corpus storico della lingua russa almeno duecento parole di origine scandinava: descrivono persone, si riferiscono a relazioni sociali e occupazioni e includono nomi propri. Alcune di queste parole sono scomparse senza lasciare traccia nel corso del tempo, altre sono sopravvissute: per esempio “варяг” (“varjág”; “variago), викинг (“víking; “vichingo”), “витязь” (“vítjaz”; “paladino”; eroe epico); “ябеда” (“jábeda”; inizialmente nel significato di “giudice”, e poi come “delazione”); “кнут” (“knut”; “frusta”); кофта (“kofta”; “golfino”); крюк (“krjúk”; “gancio”); “хлеб” (“khleb”; “pane”); “князь” (“knjáz”; “principe”) e nomi come Ольга (Olga) e Игорь (Ígor).

Viking

Sempre a partire dal IX secolo, grazie ad altri vicini, la lingua russa si arricchì di orientalismi, tra cui turchismi, parole arabe, persiane e cinesi. Prima che il giogo tataro-mongolo si abbattesse sulla Russia, un nuovo lessico riempì il vocabolario russo grazie alle relazioni commerciali e militari con le tribù di confine; in particolare con i Peceneghi, che controllavano la famosa rotta commerciale “dai variaghi ai greci” (dalla Scandinavia a Bisanzio), e con i cumani (detti anche polovesi). Entrarono allora in uso parole come “боярин” (“bojárin”; “boiardo”); “шатёр” (“shatjór”; “padiglione”; “tendone”); “богатырь” (“bogatýr”, eroe epico), “ватага” (“vatága”; “frotta di persone”), “жемчуг” (“zhémchug”; “perle”).

Dalla metà del XIII secolo fino alla fine del XV secolo, i principati russi furono vassalli dell’Impero mongolo e poi dell’Orda d’Oro. In questo periodo la lingua si arricchì in modo sostanziale del lessico amministrativo tataro-mongolo. Entrarono allora nel vocabolario parole come: “ямщик” (“jamshchík”; “vetturino”, ”postiglione”), “ярлык” (“jarlýk”; “editto”; ma oggi “etichetta”, “cartellino”), “деньга” (“dengá”; espressione popolare per “soldi”, “quattrini”; da cui viene anche “деньги”, “déngi”, la parola utilizzata oggi per “danaro”); “тюрьма” (“tjurmá”; “carcere”); “казна” (“kazná”; “erario”; “tesoro”). Ci furono poi parole del lessico militare: “казак” (“kazák”; “cosacco”); “кинжал” (“kinzhál”; “pugnale”); “атаман” (“atamán”; “atamano”; “capo dei cosacchi”); “сабля” (“sáblja”; “sciabola”). E non mancarono neppure parole di uso quotidiano: “хозяин” (“khozjáin”; “padrone”); “сарафан” (“sarafán”, antico abito tradizionale; oggi la parola è usata per un abito scamiciato da donna) “башмак” (“bashmák”; “zoccoli”); “стакан” (“stakán”; “bicchiere”), “алмаз” (“almáz”; “diamante”), “туман” (“tumán”; “nebbia”); “базар” (“bazár”; “bazar”).

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Dopo la liberazione dal giogo tataro-mongolo, lo Stato russo iniziò a interagire intensamente con l’Occidente. Gli esperti stranieri iniziarono ad arrivare nel Paese nel XII secolo, ma il loro numero si moltiplicò nel XV e XVI secolo. Il primo zar di tutte le Russie, Ivan il Terribile (1530-1584), ebbe un ruolo speciale nello sviluppo dei contatti con l’Europa. Stabilì regolari relazioni commerciali e diplomatiche con i Paesi Bassi e l’Inghilterra e corteggiò persino la regina Elisabetta I. Invitò in Russia anche medici, architetti, armaioli e soldati. Nella sua epoca comparvero in russo parole come “адмирал” (“admirál”; “ammiraglio”) и солдат (“soldát”; “soldato”), prese probabilmente dall’olandese o dal tedesco, e “капитан” (“kapitán”; “capitano”) presa dall’italiano, e molte altre.

Nel XVII secolo il vocabolario dell’Europa occidentale penetrò spesso in russo attraverso il polacco. È grazie a questa intermediazione che entrarono in uso parole di origine francesi, leggermente modificate, come “кастрюля”, (“kastrjúlja”; “pentola”; dall’iniziale “casserolle”), “дама” (“dama”), “курьер” (kurjér”, “corriere”; inizialmente “corriere diplomatico”). Sempre con l’intermediazione del polacco furono adottate alcune parole tedesche, come “бунт” (“bunt”; “rivolta”) , “вахта” (“vakhta”; “guardia”, e oggi un sistema di lavoro intermittente) e “кухня” (“kukhnja”; “cucina”), e alcune parole di origine italiana: “бричка” (“brichka”, “barroccio”; dal latino “birotium” o “bi-roteus”; “a due ruote”) e “карета” (“karéta”, da “carretto”; ma in russo indica la “carrozza chiusa”). Nello stesso periodo, il russo si arricchì anche di polonismi propriamente detti: ad esempio, “опека” (“opéka”; “tutela”; “curatela”), “писарь” (“písar”; “scrivano”), e inoltre prese dal polacco l’uso di rivolgersi alle persone in modo formale dando loro del “Вы” (“Vy”; “Voi”).

Durante il regno di Pietro il Grande (1672-1725) il flusso di prestiti linguistici fu direttamente proporzionale alla portata dell’occidentalizzazione imposta dal primo imperatore russo. Le parole comparvero nella lingua di pari passo con grandi cambiamenti nella vita dei russi, e nuovi termini emersero per indicare nuovi fenomeni: per esempio “президент” (“prezidént”; presidente”) e “комиссия” (“kommissija”; “commissione”), entrambe dal latino, e “газета” (gazéta; “gazzetta”; “giornale quotidiano”) dall’italiano.

I ricercatori hanno calcolato che durante l’epoca di Pietro il Grande il vocabolario amministrativo fu quello più preso in prestito, anche se comparvero anche termini non burocratici come “галстук” (“gálstuk”; “cravatta”), “опера” (“opera”, intesa solo come “opera lirica”), “симфония” (“simfónija”; “sinfonia”). I prestiti più numerosi di questo periodo erano tedeschi, olandesi, francesi e inglesi.

Nonostante il rapido arricchimento della lingua, l’assorbimento dei prestiti non poteva dirsi incontrollato. “Lo stesso Pietro chiese a uno dei suoi diplomatici di non usare troppi prestiti linguistici: ‘È impossibile farsi capire se se ne usano troppi’, sostenne. Insomma, il loro utilizzo doveva essere guidato da ragioni di opportunità linguistica e non di moda”, dice Elena Generalova, professoressa associata del Dipartimento di Lingua Russa dell’Università Statale di San Pietroburgo.

L’inizio del XIX secolo vide una fioritura della gallomania in Russia. Sebbene il francese fosse parlato solo da un certo strato della popolazione, la nobiltà, esso costituiva la cultura nazionale dell’epoca, per cui i francesi esercitarono una forte influenza sulla lingua russa. 

Aleksandr Pushkin (1799-1837) sottolinea questo segno dei tempi nel suo romanzo in versi “Eugenio Onegin”. Così presenta il personaggio di Tatiana:

“Она по-русски плохо знала,

Журналов наших не читала,

И выражалася с трудом

На языке своем родном,

Итак, писала по-французски”.  

“…Lei sapeva 

poco il russo, le riviste

nostre non leggeva, e a stento

nel suo idioma si esprimeva;

così, in francese scriveva…”

L’atteggiamento nei confronti delle parole prese in prestito fu poi uno degli argomenti di contesa tra i sostenitori del “vecchio” e del “nuovo” stile; in una feroce polemica che scoppiò all’inizio del XIX secolo.

“A quel tempo si pensava che il francese fosse la lingua della nazione più colta, più illuminata. L’orientamento dei sostenitori del nuovo stile verso il francese può essere considerato come una continuazione delle trasformazioni socioculturali di Pietro il Grande, come un’idea di europeizzazione della lingua”, osserva Elena Generalova. 

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Un ruolo di conciliazione in questo conflitto fu svolto da Pushkin, le cui opere gettarono le basi della moderna lingua letteraria russa. 

“Dopo Pushkin, le discussioni sul percorso di sviluppo della lingua russa cessano. Nella sua opera, ogni cosa ha il suo posto: in Pushkin troviamo il linguaggio del volgo, i prestiti stranieri e gli slavismi, tutti al servizio dell’espressione artistica. La creatività di Pushkin ha un perfetto senso delle proporzioni. E si scopre che tutto ha un suo posto nella lingua”, dice la Generalova.

A cavallo tra il XIX e il XX secolo, la lingua russa ha preso in prestito dall’estero il vocabolario politico: пролетарий (proletarij; “proletario”); социализм (sotsializm; socialismo)… Negli anni Venti, è stata integrata da un’ondata di sovietismi: neologismi sincratici, spesso definiti nella linguistica italiana “parole macedonia”: per esempio “рабфак” (“rabfák”, derivata da “rabóchij fakultét”; cioè “facoltà operaia”, preparatoria per l’accesso all’università); “совхоз” (“sovkhóz”, derivato da “sovétskoe khozjájstvo”; “azienda sovietica”, in particolar modo agricola); “нарком” (“narkóm”; da “naródnij kommissár”; “commissario del popolo”; nome, dalla Rivoluzione al 1946, dei ministri sovietici).

La successiva infornata di parole prese in prestito dal russo arriva negli anni Settanta. In primo luogo, ci sono gli anglicismi gergali che si diffondono nel linguaggio quotidiano dei giovani: “шузы” (“shuzy”, da “shoes”; per indicare le “scarpe”), “олды“ (“oldy”, per “genitori”), “флэт” (“flet”, per dire ”appartamento”; dall’inglese “flat”). In secondo luogo, si tratta del vocabolario dei romanzi di fantascienza, che stavano rapidamente guadagnando popolarità, con parole come “бластер” (“bláster“; “pistola laser”) e “киборг” (“kíborg”; “cyborg”).

Kiborg

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Gli anni Novanta sono stati testimoni di grandi cambiamenti socio-economici: il cambio di regime politico, il passaggio all’economia di mercato, lo sviluppo del sistema bancario, la crescita esplosiva dei contatti con l’estero, l’abolizione della censura, l’espansione dell’influenza culturale dell’Occidente. Di questa fase è tipico il crescente interesse per tutto ciò che è straniero, e che prima era inaccessibile. E la lingua russa subisce ancora una volta un’invasione di massa di anglicismi. Alcune parole sono nate per designare realtà nuove: “ваучер” (“vaucher”; “voucher”); “грант” (“grant”; “borsa” nel senso di “sussidio”, “sovvenzione”); “блокбастер” (“blockbaster”; “blockbuster”; “film dal grande successo commerciale”); “риелтор” (“riéltor”, “agente immobiliare”); “пиар” (“piár; “pr”; “pubbliche relazioni” e anche “propaganda”), “маркетинг” (“markéting”; “marketing”);  “импичмент” (“impíchment”; “impeachment”). 

Altri termini hanno sostituito vecchi sinonimi o trovato il loro spazio concorrenziale nel linguaggio: “клининг” (“klining”; “cleaning”, per “impresa di pulizie”); “дансинг” (“dansing”; “dancing”; “sala da ballo”); “шоу” (“shou”; “show”); “трек” (“trek”; “track”; “traccia musicale”, e per estensione anche “canzone”). Altre parole si sono diffuse nello slang giovanile: “пипл” (“pipl”; “people”), “бой” (“boj”; “boy”), “вайб” (“vajb”, “vibe”; “vibrazione”, in espressioni come “vibrazione positiva” per l’incontro con qualcuno); “дринк” (“drink”), “лук” (“luk”; “look”), “криповый” (“kripovyj”; da “creepy”; “inquietante”); “кринж” (“krinzh”; “cringe”; a indicare l’imbarazzo provocato dall’inadeguato comportamento altrui”). Infine, altre parole sono entrate nel gergo professionale, soprattutto quello degli informatici. E poi da lì alcune sono passate anche nel linguaggio comune: per esempio “имейл” (“imejl”; “email”); копипаст”  (“kopipast”; da “copy-paste”; “copia e incolla”); e “скроллинг” (“skrolling”; ”scrolling”).

La digitalizzazione dei media, l’emergere dei social network, dei forum e dei blog ha portato a un uso crescente di parole in prestito, anche quando non sembrerebbero necessarie. Questa tendenza degli ultimi due decenni ha condotto a tentativi da parte dei funzionari governativi di assumere il controllo del processo, il che è abbastanza prevedibile e logico.

“Il prestito linguistico è sempre stato un oggetto di controllo e una materia che lo Stato può cercare di regolamentare: qui l’aspetto ideologico è evidente. Tuttavia, i prestiti non possono essere eliminati da una lingua, soprattutto da una lingua con una storia così ricca e lunga come il russo. I prestiti compaiono nella lingua durante tutto il periodo della sua esistenza, alcuni rimangono, riempiendo le lacune necessarie, mentre altri la abbandonano in seguito. Il prestito è un processo assolutamente naturale di sviluppo di qualsiasi lingua; è inseparabile dai contatti linguistici”, conclude Elena Generalova.

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