L’alfabeto russo, come lo conosciamo oggi, esiste dal 1942. Proprio allora la lettera “ё” smise di essere una variante della lettera “e”. Ben presto però tornò ad essere facoltativa. Oggi, è obbligatorio usare la “ё” soltanto nei documenti ufficiali.
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Tabella di corrispondenza tra i vecchi numeri russi – indicati con lettere cirilliche sovrastate dal segno grafico detto titlo – e le cifre arabe
Oku-yun (CC BY-SA)All’inizio del Settecento, prima della riforma avviata da Pietro il Grande, le lettere dell’alfabeto russo si usavano non solo per scrivere le parole, ma anche per indicare i numeri. Che si dovesse intendere il carattere come un numero e non una lettera, lo segnalava il titlo: un segno diacritico a zigzag al di sopra del testo.
La grafia “civile” del russo, introdotta da Pietro il Grande nel 1707
Vladimir LobachevAll’epoca di Pietro I, la scienza e la cultura si sviluppavano impetuosamente, il che comportava la necessità di stampare una grande quantità di libri. Per questo motivo, nel 1708, l’imperatore procedette alla prima riforma dell’alfabeto russo, rinunciando a vari elementi decorativi delle lettere e avvicinandone la grafia a quella latina, mentre alcune lettere – e nello specifico la “ksi” (Ѯѯ), la “omega” (Ѡ ѡ) e la “psi” (Ѱ ѱ) – furono addirittura soppresse. Così comparvero i caratteri “civili”, detti anche di Amsterdam, perché proprio nella città olandese si fabbricavano i caratteri tipografici per la stampa.
Da allora, i libri venivano stampati con caratteri riformati, mentre nei testi sacri si continuavano a usare i caratteri dell’alfabeto antico. Proprio in quel periodo si cominciarono anche a usare le cifre arabe a noi familiari per indicare i numeri.
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Le lettere dell’alfabeto cirillico cancellate dalla riforma bolscevica
Dominio pubblicoL’ultima importante riforma dell’alfabeto russo fu intrapresa nel 1918. Allora, la “я” (“ja”) divenne l’ultima lettera dell’alfabeto e furono soppresse la “fita” (Ѳ), la “izhitsa” (Ѵ) e la “I” (detta decimale).
Il testo del decreto che impose la riforma della lingua russa nel 1918
Dominio pubblicoQuesta riforma, progettata sin dal 1904, riguardò non solo le singole lettere dell’alfabeto, ma anche l’ortografia. Dopo la riforma, alla fine della parola, al posto della “jat” (ѣ) bisognava mettere la “и”. Quindi, non più онѣ, однѣ, ma они, одни. La “jer” (ъ), oggi chiamata “segno duro”, alla fine della parola non era più ammessa e si usava soltanto come segno di separazione. Con questa riforma fu introdotta anche la regola dei prefissi З/С (Z/S): С, se il prefisso è seguito da una consonante sorda, e З, qualora preceda una consonante sonora o una vocale.
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Anatolij Lunacharskij, Commissario del popolo (ministro) all’istruzione della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa dal 1917 e il 1929, qui impegnato in attività di agitazione politica tra i lavoratori e i soldati. Fu grande sostenitore del passaggio del russo all’alfabeto latino
SputnikL’idea di sostituire il cirillico con l’alfabeto latino fu promossa da Anatolij Lunacharskij, Commissario del popolo alla pubblica istruzione, il quale considerava l’alfabeto russo un “relitto della Russia prerivoluzionaria”. A partire dal 1929, questo progetto fu coordinato dal linguista Nikolaj Jakovlev, incaricato anche di sviluppare un alfabeto specifico per i popoli dell’Urss che non avevano la loro scrittura, e di latinizzare gli alfabeti dei popoli musulmani. Alla fine, l’idea di Lunacharskij fu bocciata da Stalin che era un attivo sostenitore della diffusione della lingua russa con alfabeto cirillico.
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