Durante i preparativi per quel suo lungo viaggio al Polo Sud, Denis mai si sarebbe immaginato che da lì a poco sul mondo sarebbe calato lo spettro di una drammatica pandemia. E che il coronavirus lo avrebbe portato a trascorrere una lunga, lunghissima quarantena in uno dei luoghi più sperduti e desolati del Pianeta, dove il virus, per fortuna, non è ancora arrivato.
Denis Melnikov, di San Pietroburgo, studia le mutazioni dei campi magnetici sulla Terra. E da marzo si trova in Antartide grazie a un progetto dell'Istituto di Ricerca Artico e Antartico di San Pietroburgo. “Avevo contattato l’ufficio delle Risorse Umane per vedere quali posti erano disponibili… Anche se non si ha una specializzazione precisa in meccanica, idrologia o geologia, ci si può ugualmente proporre come tecnico: conosco un giovane hippie che lo ha fatto”, spiega Melnikov dal suo account Twitter, unica porta sul mondo che si è lasciato alle spalle. Tra renne, pinguini e ghiacci antartici, Denis racconta la sua nuova vita “a testa in giù”, condividendo con i suoi follower momenti di lavoro e riposo. L’avventura ha appassionato moltissimi utenti di internet, che quotidianamente seguono i suoi aggiornamenti.
Denis racconta di aver investito circa 300 dollari per sostenere i corsi speciali, l’esame medico e preparare la documentazione necessaria per il viaggio; nell’arco di alcuni mesi ha ricevuto l’uniforme per la spedizione: la sua richiesta era stata accettata.
La notizia della pandemia lo ha colto alla sprovvista quando ormai era già molto lontano da casa. Certo, prima della partenza aveva sentito parlare di un nuovo virus, ma le informazioni sembravano ancora incerte, contrastanti, lontane. E così il suo viaggio verso il Polo Sud è proseguito tranquillo, e si è svolto in totale spensieratezza anche durante la traversata sulla nave russa che da San Pietroburgo lo ha portato a Città del Capo, in Sudafrica, dove è rimasto quattro giorni.
Tutto è cambiato il 17 marzo al suo arrivo sulla stazione Mirniy, la stazione scientifica russa allestita sulla costa antartica del mare di Davis. Pochi giorni prima l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva annunciato la pandemia. E da lì tutto è cambiato, dentro e fuori: Denis si è reso conto che avrebbe dovuto trascorrere i successivi 12 mesi in uno dei luoghi più remoti della Terra, mentre il resto del mondo, compresa la sua famiglia a San Pietroburgo, si ritrova a fare i conti con il pericolosissimo virus.
Melnikov e il resto dell’equipaggio sono arrivati alla stazione russa Mirnyj, in Antartide, dopo 8 settimane di viaggio in mare. Solo in quel momento ha visto la pioggia di commenti e post condivisi da amici e conoscenti sui social network. È stato in quel momento che si è reso conto di cosa stava davvero accadendo nel mondo.
“Non c'è tempo per spiegare. Denis, si è scatenato l'inferno”, gli ha scritto un amico. Per Melnikov, l’isteria da virus, la paura dei contagi e le massicce misure di auto-isolamento non sono altro che la trama di un film dell’orrore lontano. E il pensiero va sempre alla sua famiglia. “Chiamo mia moglie ogni giorno tramite il telefono satellitare. Quando finalmente ho avuto la possibilità di leggere le notizie, sono rimasto molto sorpreso dalla portata della pandemia”, ha detto Denis in un’intervista.
Ovviamente la vita in un luogo così remoto non è cambiata molto: lì il virus non è ancora arrivato e ci si può ancora abbracciare. “La pandemia qui non ha molte ripercussioni - spiega Melnikov -. Le stazioni scientifiche degli altri paesi sono lontane da noi, e le poche che si trovano nelle vicinanze hanno introdotto misure di sicurezza e contenimento, e non ammettono visite”.
Nelle pause dal lavoro, quindi, non resta che godersi la vita fra iceberg, pinguini, jogging (quando il tempo lo permette) e buone letture;
Tagliato fuori dal resto del mondo, Melnikov vedrà la sua famiglia a San Pietroburgo solo tra un anno.
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