Così si incidevano i dischi sulle lastre delle radiografie in Unione Sovietica (FOTO)

Kira Lisitskaya (Foto: Yakov Berliner/Sputnik; Igor Bely (bujhm))
Durante la Guerra Fredda, la musica occidentale era ufficiosamente illegale in Urss. Ma gli appassionati del rock e dei generi vietati trovarono un modo ingegnoso per registrare e distribuire le copie pirata

In Unione Sovietica, le persone che potevano ascoltare la musica occidentale su dischi originali erano pochissime. Questi dischi erano estremamente rari nel Paese, costavano una fortuna, e con la Cortina di ferro e la Guerra fredda erano diventati sempre più difficili da reperire. Quasi tutta la musica occidentale – rock ’n’ roll, jazz, boogie-woogie – era poi ufficiosamente vietata (chi la ascoltava poteva passare guai), e la vendita di dischi tra privati era un crimine, come, del resto, tutte le forme di commercio non statale dal 1931 in poi: esisteva infatti il reato di “spekuljatsija” (“borsa nera”) che poteva costare fino a 7 anni di carcere.

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In quel periodo, nel Paese fece la sua comparsa un supporto musicale unico nel suo genere: dischi fatti in casa e realizzati con le lastre delle radiografie. Venivano ironicamente chiamati “zápis na kostjákh” (“запись на костях”; ossia: “incisione sulle ossa”), “zápis na rjóbrakh” (“запись на рёбрах”; “insisione sulle costole”) o, per brevità, “rjóbra” (“рёбра”; “costole”).

Il mercato delle “costole”

La diffusione delle “costole” raggiunse il suo apice negli anni Quaranta e Cinquanta, quando l’industria discografica sovietica passò sotto il pieno controllo della censura di Stato. Sui dischi in vendita si potevano trovare le canzoni degli artisti popolari dell’Urss, ma qualsiasi altra musica non approvata dalle autorità era considerata non ufficiale e non aveva alcuna possibilità di essere incisa e distribuita legalmente.

Per esempio, oltre a Frank Sinatra, ai Beatles, a Chuck Berry e a Elvis Presley, le registrazioni sulle lastre delle radiografie includevano le canzoni di emigranti che erano stati dichiarati nemici del popolo in patria; cantanti che erano stati accusati di crimini antisovietici (per esempio, Pjotr Leshchenko e Konstantin Sokolskij, banditi dopo essere stati accusati di tradimento, o Vadim Kozin, che era perseguito per l’omosessualità e per questo mandato in un Gulag). Anche le “blatnýe pesni” (“canzoni della malavita”), molto popolari tra le masse, non potevano essere registrate in modo ufficiale.

Pertanto, così come nell’Urss esisteva una letteratura pubblicata clandestinamente – i samizdát – fiorì anche un mercato nero di dischi incisi in proprio. Nelle grandi città, soprattutto a Mosca e a Leningrado (l’attuale San Pietroburgo), nacque un’intera filiera per la produzione e la vendita della “musica sulle ossa”.

Perché proprio le radiografie? 

Venivano utilizzate vere radiografie di persone comuni: sopra c’erano le articolazioni, la colonna vertebrale, il torace… Quest’ultimo era il più comune, perché in Unione Sovietica erano obbligatorie a intervalli regolari per il controllo delle malattie polmonari. Questo supporto era economico e facilmente reperibile. Intere pile di radiografie venivano cedute gratuitamente o dietro un piccolo compenso dai policlinici: almeno una volta all’anno dovevano disfarsi di quel materiale pericoloso per gli incendi. D’altra parte, la lastra flessibile era perfetta per la realizzazione dei dischi.

Si ritiene che gli amanti della musica sovietica debbano la nascita della “musica sulle ossa” a Ruslan Bogoslovskij, un abitante di Leningrado, che inventò una macchina di registrazione casalinga e aprì uno studio illegale chiamato “Zolotája sobáka” (ossia: “Il Cane d’oro”). 

“Dopo aver studiato a fondo da Filon [il fondatore dello studio di registrazione ‘Zvukozapis’, da cui Bogoslovskij aveva preso in prestito l’idea di registrare su dischi semi-morbidi; ndr] il principio di funzionamento della macchina, e dopo aver effettuato i calcoli necessari, Ruslan fece dei disegni, dopodiché trovò un tornitore universale che realizzò i pezzi che gli servivano. Nell’estate del 1947, la splendida macchina per la registrazione meccanica del suono era pronta”, ha scritto Boris Tajgin, uno dei produttori di tali dischi, in un articolo per la rivista “Pchelá” (“L’ape”).

L’apparecchio era simile a un giradischi, ma funzionava in senso opposto. Invece di una puntina che leggeva la musica sul disco, aveva una testina di incisione. La musica la faceva vibrare e produceva i microsolchi sulla radiografia. Quanto a qualità del suono, un disco inciso in questo modo era molto peggio di un vero disco in vinile. Il crepitio era quasi pari al livello della musica. Ma meglio che niente: era comunque sufficiente per ascoltare la canzone altrimenti proibita.

Il carcere per i produttori

Il fatto che le “costole” fossero di materiale flessibile contribuiva molto alle vendite. Il venditore (era detto fartsovshchik) poteva nascondere 20-25 dischi in una sola custodia, come un plico.

Una scena del film

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Di norma, lavoravano in coppia: uno negoziava con l’acquirente e il secondo stava vicino con la merce. Un disco del genere si poteva acquistare per un rublo e mezzo. Per gli studenti, che erano il pubblico principale di questi venditori abusivi, si trattava di una somma importante. “Quando ero studente potevo cavarmela benissimo con un rublo al giorno. Potevo mangiarci a colazione, pranzo e cena”, ha ricordato il critico musicale e collezionista sovietico Naum Shafer.

Ruslan Bogoslovskij e Boris Taigin

I venditori, insomma, guadagnavano bene, ma ogni volta rischiavano la libertà. La vendita tra privati, come detto, era vietata. I principali produttori di dischi su lastre di radiografie a Leningrado, Ruslan Bogoslovskij e Boris Tajgin, vennero ripetutamente arrestati, il che, tuttavia, non mise fine alle registrazioni illegali.

La prima volta, Bogoslovskij venne condannato a tre anni e Tajgin a cinque. Al momento del rilascio, tuttavia, ripristinarono le loro attrezzature e ricominciarono immediatamente. Quattro anni dopo Bogoslovskij fu nuovamente arrestato e gli furono dati altri tre anni. Durante questo periodo studiò un modo per fare dischi duri a casa e, al momento del rilascio, si mise a produrli, e per questo finì in prigione una terza volta.  

Ciò che mise davvero fine alla gloriosa storia dei dischi sovietici fatti in casa sulle radiografie fu il progresso tecnologico: quando arrivarono sul mercato i registratori a bobine, i dischi “sulle ossa” divennero superflui. 

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