Quanti sovietici sono effettivamente morti nella Seconda guerra mondiale?

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Dopo i tentativi, ai tempi dell’Urss, di ridimensionare l’altissimo costo pagato per liberare il mondo dalla minaccia nazifascista, oggi la cifra ufficiale è di 26,6 milioni di vittime. Ma non tutti gli storici concordano. Ecco perché

Nel 1946, reagendo al celebre “Fulton speech”, il discorso di Winston Churchill sulla “Cortina di ferro”, tenuto il 5 marzo 1946 a Fulton, nel Missouri, che segnò l’inizio della Guerra Fredda, Stalin parlò della Grande Guerra Patriottica (come i russi chiamano il conflitto contro la Germania nazista) e affermò che “a seguito dell’invasione tedesca, l’Unione Sovietica aveva perso circa 7 milioni di vite umane”. Questa fu la prima dichiarazione ufficiale sovietica sulle vittime della guerra. Ma erano notizie false.

Numeri destinati a crescere

“In effetti, Stalin conosceva già allora ben altri dati statistici: almeno15 milioni di vittime. Questo numero era contenuto in un rapporto consegnatogli all’inizio del 1946 dalla commissione guidata dal presidente del Comitato per la pianificazione statale Nikolaj Voznesenskij”, dice il professor Viktor Zemskov dell’Istituto di Storia russa. Zemskov suppone che Stalin volesse nascondere la vera portata delle vittime sia ai cittadini sovietici che al mondo, per non mostrare l’Urss come uno Stato terribilmente indebolito dalla guerra.

Tuttavia, la stima ufficiale di 7 milioni di vittime ebbe vita breve, perché alla maggior parte della popolazione sovietica era evidente che il numero fosse troppo basso. Nel 1961, Nikita Khrushchev che era succeduto a Stalin come leader dell’Urss, in una lettera al primo ministro svedese Tage Erlander menzionò un numero ben più alto: 20 milioni. Essenzialmente, questa cifra divenne quella ufficiale per il resto dell’era sovietica. Leonid Brezhnev nel 1965, in occasione del ventesimo anniversario della Vittoria si limitò ad aggiungere un “oltre”: “oltre 20 milioni di vittime”.

Sia Khrushchev che Brezhnev usarono l’espressione “la guerra è costata al Paese…” per riunire tutti quanti, non separando coloro che erano morti sul campo di battaglia dalle vittime civili dell’occupazione tedesca e dai morti di fame nelle città assediate, ecc.

Dopo lo scioglimento dell’Urss, la stima è cresciuta di nuovo. Secondo le ultime dichiarazioni che le autorità russe riconoscono ufficialmente, le perdite complessive (tra soldati e civili) ammonterebbero a 26,6 milioni di persone. Questa è la valutazione ufficiale delle vittime oggi (nel 2019), ed è il numero che i funzionari statali russi menzionano nel giorno della Vittoria, nelle commemorazioni e così via.

Il Diavolo sta nei dettagli

Ma guardando con più attenzione questi numeri, ci si accorge che non tengono conto dell’intera Seconda Guerra Mondiale, ma solo della guerra tra l’Unione Sovietica e la Germania nazista tra il 22 giugno 1941 e il 9 maggio 1945, escludendo le operazioni belliche sovietiche tra il 1939 e il 1941 (l’invasione della Polonia orientale e la Guerra d’inverno contro la Finlandia) e la Guerra sovietico-giapponese del 1945, conclusasi il 2 settembre.

Un’altra sfumatura importante è che la stima ufficiale, fornita dal Ministero della Difesa nel 2015, separa il numero di vittime (26,6 milioni di persone) nelle due seguenti categorie:

– Circa 12 milioni di soldati uccisi sul campo di battaglia, catturati (e mai tornati) o dispersi;

– Il resto (circa 14,6 milioni di persone) erano invece civili morti nelle zone di occupazione, tra cui quelli forzatamente trasferiti in Germania (che non tornarono) e quelli che persero la vita a causa di bombardamenti, fame, malattie e così via.

Sottovalutazione?

La stima di 26,6 milioni di perdite è quella ufficiale (al momento), ma lungi dall’essere l’unica. Sebbene la Grande Guerra Patriottica sia finita quasi 75 anni fa, la battaglia dei numeri continua ancora, con diversi storici che propongono modi diversi per misurare il numero dei caduti.

Da un lato, di volta in volta, le versioni più ricorrenti suggeriscono perdite ancora maggiori rispetto alla stima ufficiale. Ad esempio, nel 2017, Nikolaj Zemtsov, Deputato della Duma di Stato russa, ha dichiarato che “l’Urss ha perso irrevocabilmente quasi 42 milioni di persone a causa della guerra.” L’ipotesi, tuttavia, è molto dubbia. Zemtsov ha incluso in questo numero enorme non solo le persone che sono effettivamente morte, ma anche i bambini che non sono nati a causa della guerra, il che non è scientifico, come affermano i demografi professionisti.

Sopravvalutazione?

D’altra parte, ci sono opinioni opposte che suggeriscono che 26,6 milioni siano un numero eccessivo. Nel suo articolo del 2015, Viktor Zemskov ha affermato che la stima delle perdite di guerra (11,5-12 milioni) sia corretta, mentre il numero delle vittime civili dovute a fattori bellici sarebbe troppo alto: “Tali statistiche includono l’aumento della mortalità in Unione Sovietica anche nelle retrovie, a causa di malnutrizione, sovraccarico di lavoro e così via… ma non sono d’accordo con un simile approccio”.

Secondo Zemskov, in questo caso è troppo difficile distinguere tra i morti causati dalla guerra e da cause naturali. Per essere più precisi, gli storici dovrebbero includere nel computo solo il numero di morti civili causati direttamente dalla guerra, cioè le persone uccise dai tedeschi, in fucilazioni o bombardamenti, e quelle che morirono durante l’assedio di Leningrado: il totale ammonterebbe quindi a 4,5 milioni di vittime. In combinazione con i morti al fronte, questo ci dà 16 milioni di persone. Tuttavia, le statistiche ufficiali, come abbiamo detto, includono un maggior numero di persone.

Mentre la discussione sui metodi di valutazione può durare per sempre, una cosa è innegabile: durante la Grande Guerra Patriottica, l’Urss ha perso una grande quantità di persone, uomini e donne forti e appassionati nel fiore della loro vita, ma ha salvato il mondo dal nazifascismo. Il prezzo della vittoria è stato terribile, ma il prezzo della sconfitta sarebbe stato impensabile.

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