Zinaida, la donna che riuscì a fermare il colera a Stalingrado durante la Seconda guerra mondiale

Anatolij Garanin/Sputnik
Zinaida Ermoleva era una delle più apprezzate microbiologhe russe. E il Commissario del popolo per la salute volle lei in prima linea nella lotta contro quell’esercito invisibile che minacciava, insieme ai tedeschi, l’Armata Rossa

Nell’estate del 1942 l’Armata Rossa si stava ritirando verso Stalingrado (oggi Volgograd), tra pesanti combattimenti, quando si ritrovò ad affrontare un nemico nascosto e altrettanto spietato: un’epidemia di colera che minacciava di colpire la città affacciata sul Volga. E, visto l’elevato numero di truppe e civili presenti a Stalingrado, il rischio era andare incontro a un enorme disastro.

Un pericolo improvviso

Inizialmente i report sui focolai di colera strapparono un sorriso ai comandanti sovietici, poiché furono rilevati in un territorio controllato dal nemico: la pericolosa infezione avrebbe potuto rivelarsi un buon alleato nella lotta contro le truppe tedesche. Ma la loro soddisfazione lasciò ben presto il posto a un allarmismo generale. Il colera, infatti, non faceva distinzione tra gli schieramenti; e in breve tempo arrivò a Stalingrado insieme ai civili in fuga e alle truppe in ritirata. I primi casi furono confermati il 18 luglio in diversi quartieri della città.

Per volere del Commissario del popolo (ministro) per la salute Georgij Miterev, fu chiamata in città Zinaida Ermoleva, una delle più apprezzate microbiologhe del paese. Fu affidato a lei il compito di organizzare il lavoro dei medici locali per fermare il colera.

“Era necessario capire quali misure adottare contro un pericolo che stava minacciando la città in un momento molto delicato, quando ci si stava preparando alla difesa - scrisse Ermoleva nel suo libro di memorie L'esercito invisibile -. Centinaia di migliaia di soldati passavano attraverso la città direttamente sulla via del fronte, verso l'ansa del fiume Don, dove si era svolta una battaglia senza precedenti. Gli ospedali ricoveravano ogni giorno migliaia di feriti. Dalla città, sovraffollata di truppe e civili evacuati, partivano continuamente treni e battelli per Astrakhan e Saratov, perciò l'epidemia poteva diffondersi in molte parti del paese”.

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Durante una seduta della commissione di emergenza allestita a Stalingrado, si decise di iniziare immediatamente una campagna di trattamento con batteriofagi del colera sulla popolazione. Un batteriofago è un agente che infetta le cellule del batterio che causa la malattia. Ma la quantità di batteriofagi portata da Mosca non era sufficiente e così Ermoleva chiese alle autorità centrali di inviare una grande partita a Stalingrado. Lei e i suoi colleghi si erano già messi al lavoro, quando furono raggiunti da una terribile notizia: il treno che trasportava il farmaco era stato bombardato dagli aerei da guerra tedeschi mentre viaggiava verso Stalingrado.

Le misure di emergenza

Non c’era scelta: il farmaco doveva essere prodotto proprio a Stalingrado. E così nel seminterrato di un edificio fu allestito ed equipaggiato un laboratorio dove, in circostanze assai difficili, si riuscì a produrre la quantità necessaria di batteriofago. Il lavoro procedeva letteralmente 24 ore su 24.

“Tutti coloro che erano rimasti in città erano coinvolti in questa battaglia contro un esercito invisibile - disse Ermoleva -. Ogni volontario della Croce Rossa aveva 10 appartamenti da tenere sotto osservazione: tutti i giorni andavano a informarsi se ci fossero nuovi malati o persone che avessero bisogno di un ricovero urgente. Altri controllavano i pozzi, le panetterie e i centri di evacuazione. Era impossibile lasciare la città senza un certificato che attestasse l’avvenuto trattamento con batteriofagi; la gente non poteva ottenere nemmeno il pane nelle panetterie senza questo certificato”.

Tutto il personale medico fu mobilitato nella lotta contro l'epidemia. E grazie ai loro sforzi, fu possibile ottenere risultati impressionanti: venivano esaminate 15.000 persone al giorno e almeno 50.000 ricevettero un trattamento con batteriofagi.

“Nei rifugi antiaerei e sulle banchine la gente era incessantemente informata sulle precauzioni da prendere contro l’infezione. Anche la radio e i giornali si unirono alla campagna”, disse Zinaida.

Prima che le unità della Wehrmacht avessero raggiunto la periferia di Stalingrado, in città si era evitato un disastro epidemiologico su larga scala, che avrebbe potuto mettere in ginocchio le truppe sovietiche. Ma ben presto i medici si trovarono a dover combattere ancora una volta contro questo nemico invisibile, cioè quando il colera iniziò a circolare pericolosamente tra i soldati della 6° Armata del feldmaresciallo Friedrich Paulus fatti prigionieri.

 

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