Il faro di Aniva, la storia del gigante del mare conteso e abbandonato

Sergej Krasnoukhov / TASS
Costruito dai giapponesi negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, è passato in mano ai russi, che lo hanno utilizzato fino al 2006. Oggi versa in stato di abbandono, ma gli esploratori più impavidi sono disposti ad affrontare un lungo e pericoloso viaggio pur di salire in cima alla sua torre

Il faro di Aniva è uno dei fari più inaccessibili della Russia. Per anni ha guidato le navi al largo della pericolosa costa del roccioso Capo Aniva, nel Mare di Okhotsk. Oggi è abbandonato, ma continua a essere un’attrazione turistica molto popolare. 

Il progetto giapponese

Sull’isola più grande di Sakhalin, nell'Estremo oriente russo, svetta un faro di una bellezza ineguagliabile. E la sua torre abbandonata ha una lunga storia.

Prima che i giapponesi venissero cacciati dai russi dall'isola di Sakhalin, negli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, erano riusciti a erigere un faro in uno dei luoghi più inaccessibili dell'isola: Capo Aniva. 

Il progetto fu disegnato dall’ingegnere giapponese Shinobu Miura; i lavori iniziarono nel 1937 e durarono due anni; questo faro, che i giapponesi chiamano “Nakashiretoko”, ha illuminato il mare per la prima volta nel 1939.

La sua costruzione fu resa necessaria perché le acque di questo angolo di mondo rappresentavano una trappola mortale per le navi: correnti sottomarine, nebbia frequente e cumuli di rocce minacciavano di distruggere le imbarcazioni che si avvicinavano al capo.

Una leggenda narra che, quando i costruttori finirono il progetto, all’imperatore giapponese fu presentata una copia esatta in scala del futuro faro. 

All'interno del faro

Il faro di Aniva è costituito da una torre rotonda di cemento, alta 31 metri e con nove piani. Inizialmente, il primo piano era stato progettato come magazzino per gli attrezzi, mentre il secondo piano doveva essere una stanza per le comunicazioni radio. 

I piani dal terzo al quinto erano destinati agli alloggi, con letti a castello dove potevano risiedere fino a 12 persone contemporaneamente. I livelli superiori del faro erano invece usati come magazzini. Infine, all'ultimo piano, c'era la luce e un meccanismo di rotazione - pesante 270 chili - alimentato meccanicamente, che attraversava la parte centrale della torre.

La luce del faro era visibile fino a 35 chilometri di distanza.

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L’abbandono

Nel 1990 la Russia ha richiamato il personale dal faro, dove è stato attivato un funzionamento automatico. Il faro era dotato di generatori termoelettrici a radioisotopi che lo hanno fatto funzionare fino al 2006. Oggi, invece, la struttura è inutilizzata e abbandonata.

“Per ora il faro è in condizioni discrete. È ancora sicuro da visitare, ma potrebbe presto diventare un luogo pericoloso, perché ci sono parti che hanno cominciato a deteriorarsi - spiega Dmitrij Kulikov, organizzatore di viaggi nell’Estremo oriente russo -. Mentre la torre è fatta di cemento, parti della muratura, porte e strutture metalliche hanno cominciato ad arrugginirsi gravemente”.

Nonostante le cattive condizioni, l'iconico faro attira orde di visitatori, che vanno lì per concedersi una vista mozzafiato, scattare foto pittoresche e provare una scarica di adrenalina.

Per raggiungere Capo Aniva bisogna affrontare un’ora e mezza di viaggio dal villaggio più vicino, oltre a due ore di barca. Poi, per accedere alla base del faro, bisogna scalare le roccia usando delle corde. Nessun altro percorso conduce fin lì. Eppure, i più impavidi vengono ricompensati da un panorama straordinario. E l’effetto per chi arriva per la prima volta è davvero sorprendente.

“Il faro ha un aspetto epico: si erge in mezzo al mare sovrastando la ripida scogliera - dice Kulikov -. Ora è completamente grigio, ma, osservandolo da vicino, si può vedere che una volta era colorato a strisce. Trasmette un'impressione di totale abbandono. Solo i gabbiani sono rimasti i suoi unici e veri custodi”.

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